Lacrime fra i sorrisi: Ano Hana

Riuscire a parlare di Ano Hana in modo distaccato ha creato in me qualche difficoltà. Lo dico da lettore seriale ma anche da “critico amatoriale” quale in realtà sono; mi cimento nel descrivere i titoli che più mi attirano ed essendo questo il pensiero di base pensavo che sarei arrivato a parlare solamente di cose che mi piacciono, il che non mi si addice per niente e smorza un po’ il tono del blog. Lo so cosa state pensando: “Ma allora Ano Hana ti ha fatto schifo?” Assolutamente NO. Questo secondo preambolo mi serve solo per spiegare che nei prossimi mesi tornerò a scrivere e non solo di titoli a me piaciuti. Tenetevi tutti pronti.

Ora alla vera recensione.

Ano Hana

Manga: 3 volumi (concluso)

Anime: 11 episodi (concluso)

Voto: 9

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Ano Hana: ancora non conosciamo il nome del fiore che abbiamo visto quel giorno nasce come serie televisiva diretta da Tatsuyuki Nagai trasmessa da aprile a giugno del 2011, seguono trasposizioni letterarie e infine un adattamento manga del disegnatore Mitsu Izumi pubblicato dal 2012 al 2013. La storia narra la triste vicenda di Menma, ragazzina morta da piccolina che, per qualche strana ragione, torna sottoforma di spettro per riavvicinarsi all’amico d’infanzia Jintan. Quest’ultimo, da una parte felice di poter rivedere l’amica scomparsa, dall’altra inquietato e confuso al pensiero di non poter passare oltre, comincia ad indagare un metodo per poter liberare finalmente l’anima di Menma e lasciarla riposare in eterno. Accorrono in suo aiuto il gruppo di amici che hanno intrattenuto le sue giornate da bambino, Anaru, Yukiatsu, Tsuruko e Poppo, divisi nel tempo da strade molto diverse. Ma il ricordo di Menma basterà a riunire i Super Busters della pace o creerà ancora più disagio nella vita già molto complessa di 5 adolescenti?

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Con questo pretesto vediamo nascere una delle serie che visivamente soddisfa quanto più possibile l’occhio di chi vuole godersi un anime, lasciatemelo dire, di qualità. A cominciare dai disegni e dagli sfondi, nulla viene fatto decadere nel banale ma anzi la A1-pictures dimostra meticolosità nel voler valorizzare ambientalmente e soprattutto artisticamente ogni scena, da quella più leggera a quella più carica di emozioni. Dal video all’audio, il doppiaggio rimane molto teatrale e ben congruo con la spinta di questa storia, della quale, peraltro, parleremo più tardi. L’opening e l’ending due capolavori indiscussi, forse tra le mie sigle preferite in assoluto di tutti gli anime che ho passato in rassegna in questi anni (le mettiamo tra l’opening di Death Parade e l’ultima di Attack on Titan); queste semplicemente a corona di una colonna sonora che si mostra come qualcosa di magico.

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Ma il vero fulcro della serie è la botta emotiva, detta papale papale. Quel brutto calcio nello stomaco che ti spinge giù dal divano e ti lascia lì a piangere su te stesso per una buona mezzora. E più cerchi di dimenticare quello che hai appena visto, più ti senti in colpa per non aver vissuto altro, un po’ come quando esce quel titolo bellissimo stand alone per il quale aspetti una Season 2 che, in realtà, mai uscirà. Non stavo scherzando l’articolo scorso (leggilo qui) quando dissi che coloro a cui non piace questo titolo non hanno un cuore, perché grande motore della serie è anche l’empatia di chi sta a guardare. L’ho guardato, riguardato e poi letto in adattamento manga, e per tre volte mi sono sentito male. Un male che molti potrebbero bypassare, identificando il finale come depurativo e buttando tutta la storia nel banale. Ma Ano Hana ha molte cose da farsi invidiare nonostante una lunghezza così esigua. In primis per la cura da parte degli autori: sia in forma televisiva che cartacea non c’è un solo disegno o una sola scena fuori luogo, solo tanta devozione nell’immaginario collettivo dell’opera. Forma visiva che serve bene una trama da molti criticata in quanto scontata e quasi fiabesca (si potrebbe dire disneyana) ma che in realtà, nel suo, serve ad avvolgere chi lo guarda per fargli prendere coscienza di ciò che è stato il passato ma, soprattutto, la vita che prosegue. Interpreto quindi la scelta dell’autore come una presa di posizione per colorare una fase della produzione giapponese che manca un po’ di allegria, spiccando questo titolo non tanto per l’originalità quanto per essere una rappresentazione molto moderna di manga sentimentale che difficilmente si potrebbe determinare come un banale esempio di storia lineare con lieto fine. Il tutto per dire che se vi dà fastidio questo commento, forse dovete cominciare a sorridere un po’ di più senza per forza dare contro a tutto quello che cerca di essere allegro.

Titolo all’altezza di tanti suoi concorrenti nel mondo Shojo, in quanto tecnica al pari addirittura di Kimi No Na Wa. Insomma, un capolavoro che merita anche solo la minima considerazione. Non ve ne pentirete.

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Passo e chiudo.

Il vostro Ozigiri.

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